
E’ costata la vita a un agente della Cia e a quattro militari somali l’operazione contro gli Shabaab lanciata il 6 novembre scorso dalle forze speciali americane e somale contro un esponente di rilievo del gruppo terrorista. Il raid è avvenuto a Gendershe, un villaggio della costa, a una cinquantina di chilometri da Mogadiscio, nella regione della bassa Shabelle. A uccidere l’agente è stata l’esplosione di un’autobomba, che gli Shabaab hanno fatto detonare quando l’assalto alla loro sede è cominciato.
L’attacco era stato organizzato per colpire tre alti esponenti del movimento integralista, fra cui Abdullahi Osman Mohamed, ovvero “ingegner Ismail”, considerato il fabbricatore delle bombe che il gruppo ha utilizzato negli attentati e che hanno fatto centinaia di vittime in Somalia. “Ismail”, inserito nella lista Usa dei terroristi più pericolosi, sarebbe stato anche l’ideatore dell’attacco nel gennaio dell’anno scorso a una base delle forze kenyane, in cui è rimasto ucciso anche un altro militare americano.
Secondo la ricostruzione del Guardian, il raid è stato un fallimento: le forze speciali somale “Danab”, assieme con i colleghi statunitensi, sono arrivate attorno alle due di notte in elicottero e sono avanzate a piedi nella foresta, ma la detonazione dell’auto bomba, oltre a uccidere i cinque militari, li ha costretti a ingaggiare uno scontro a fuoco e a dover poi ripiegare, senza colpire gli obiettivi. Il corrispondente del quotidiano britannico riferisce che una sua fonte all’interno degli Shabaab ammette che l’organizzazione aveva ricevuto un avvertimento, di fatto trasformando l’attacco in una trappola.
L’uomo della Cia ucciso, scrive il New York Times, era un ex “Navy Seal” e faceva parte della divisione paramilitare dell’agenzia, quella specializzata nelle “operazioni speciali”, per l’identificazione degli obiettivi o la raccolta di informazioni.
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